BOLOGNA,

Ci sono città che sono soltanto città, un posto per fermarsi a dormire. Ci sono città fondate sull'occasione e sulla necessità, che sono abitate ma non fanno sognare i bambini. Ci sono città immense, grandi, alte, vagabonde ed estenuanti. Salgono verso il cielo senza impressionare i bambini. Ci sono città semplici e modeste, città povere coperte di sabbia e di stanchezza. Vivono nei romanzi dell'America latina e diventano personaggi. Ci sono città che si danno come donne disassuefatte dall'amore, città che spalancano porte e finestre perché il vento spazzi via la polvere. Ci sono città con pareti senza crepe, luoghi dove il tempo ha messo ordine nelle pietre e nei cuori. Ci sono città segrete che si slacciano le vesti con delicatezza; dalle terrazze fiorite offrono tesori da contemplare a chi si ferma, sorpreso, affascinato e a volte rapito da tanta bellezza, una bellezza radicata nelle profondità della storia, nelle epoche più remote, nelle radici dei valori. Bologna è una di quelle città dove la bellezza non si annoia mai. Sta lì, senza arroganza, senza rumore: ci osserva e noi abbassiamo lo sguardo. Ho camminato molto per Bologna, con la faccia in su verso i tetti delle chiese, dei palazzi, delle case semplici, con gli occhi rivolti al cielo ritagliato da torri, una delle quali pende un po', guardando le tegole rosse. Ci sono città dove si può camminare senza aver bisogno di guardare il cielo. A Bologna conviene tenere lo sguardo verso l'alto perché si scoprono fregi, sculture, ornamenti, disegni sulla pietra, tracce di epoche diverse. Quando viaggio, più di ogni cosa mi interessano le persone, il posto dell'uomo nella città, il suo lavoro, i suoi sogni, le sue passioni, la sua storia. Per me, una città è fatta di volti, di misteri, degli uomini e delle donne che si spostano in quello spazio per vivere, dei bambini che giocano senza curarsi della sicurezza. Che cosa sarebbe una città trasformata in un museo, svuotata della sua gente? Il piu bel monumento, la più bella cattedrale, i tesori dell'architettura antica non potranno mai essere più importanti di un volto, del viso di un bambino che guarda alla vita con gli occhioni spalancati e aspetta il futuro. Preferisco le persone alle pietre. Una sera ho visto una Bologna di bellezza sublime, dal terrazzo di una delle case più belle del centro storico. Sono stato travolto dall'emozione: la luce del cielo, la luna piena rosseggiante, il tetto della chiesa, i tetti di case semplici. Ho visto anche una Bologna in mano alla gioventù in un giorno di protesta. Piazza Maggiore occupata da ragazzi seduti per terra, sul marmo, che fumano tranquillamente, tutti con lo stesso look: sono figli di Bologna che esprimono il loro rifiuto per una vita dominata da valori commerciali. una delle tradizioni di questa città dove la contestazione è sempre stata attiva. Città universitaria, è il cuore della cultura italiana. La Biblioteca comunale dell'Archiginnasio è un'opera d'arte che custodisce alcune centinaia di migliaia di volumi. E’ un cimitero, uno dei cimiteri più belli d'Italia perché è vivo. I libri sistemati in perfetto ordine sono pronti a cadere tra le mani del ricercatore, dello studente o del professore. Si aprono per te, ti parlano e cancellano il tempo. Libri immortali, pazienti, eterni aspettano, certi dal 1595, data di costruzione dell'edificio, altri dal tempo di Napoleone[...] Questa biblioteca non è solo un magazzino che contiene novecentomila libri. E’ un'opera d'arte, un monumento della cultura cristiana. Questa memoria è quella celebrata da J. L. Borges quando faceva il bibliotecario a Buenos Aires. Perfino da cieco continuava a essere il custode dei libri. Doveva ascoltarli mormorare, sentirli attraversare e leggere da voci misteriose. La Basilica di San Petronio domina Piazza Maggiore. [...] Entrando nella basilica, sulla sinistra, si trova un grande affresco di Giovanni Da Modena dipinto nel 1415 che raffigura il profeta Maometto all'inferno! E’ un'opera gigantesca, piena di personaggi di ogni tipo. Non ne avevo mai sentito parlare. L'affresco è quasi nascosto. Per paura di suscitare l'ira dei musulmani. Bisogna ricordare che è stato dipinto in un'epoca in cui la Chiesa considerava i musulmani eretici e traditori. L'odio anti musulmano e anti arabo era cosa diffusa nel mondo cristiano dell'epoca. E’ meglio non esibire questo dipinto che farebbe solo inasprire sensitività e fantasie dei credenti musulmani. Bisogna anche ricordare che l'islam non solo rispetta i profeti delle altre due religioni monoteiste, ma chiede ai credenti di celebrarli e di integrarli nella storia de-la loro religione. [...] Uscire del centro storico. Andare a vedere come si è ingrandita Bologna, come si vive nelle periferie. Una domenica sono andato al dopolavoro ferroviario. Un parco un po' trascurato, con una fontana di acqua stagnante e i vecchietti che passano il tempo giocando alle bocce. E’ un quartiere popolare. Le persone anziane, di condizioni piuttosto modeste, si ritrovano parlano, giocano, ridono e poi fantasticano sui tempi della loro giovinezza. Perché il tempo schiaccia le vecchiette? Diventano piccole. Piccole figure che si tengono per mano per andare su una panchina sporcata dai piccioni. Camminano con fatica. La vecchiaia è quel corpo che si schiaccia come per chinarsi, per avvicinarsi della terra, come se si preparasse a entrare nella terra. [...] A Bologna il mio amore per il cinema ha trovato la felicità. La cineteca diretta da Giuseppe Bertolucci è ben più di un archivio del cinema. E’ anche una Scuola, un laboratorio, con un capitale di oltre un milione di fotografie. E’ qui che restaurano i vecchi film. E’ qui che si organizza la resistenza contro la grande mediocrità propagata dalla televisione berlusconiana. E’ qui che vengono i cineasti italiani dei tempi d'oro a parlare agli studenti. In questi giorni è venuto Mario Monicelli per i suoi novant'anni. Intanto i cinema si raggruppano in multi sale e danno Star Wars III. [...] Bologna è una delle città italiane ricche. Mostafa, un lavoratore marocchino incontrato per strada, mi ha detto che e la città più cara d'Italia e che si disputa questo primato con Venezia per via dei turisti. Ma dove vivono questi immigrati? Lontano, lontano dal centro storico mi ha detto Mostafa. Sono andato nel quartiere San Donato, dove c'e il centro interculturale Massimo Zonarelli. Ho visto bambini neri, indiani e marocchini giocare nel cortile. Ho visto famiglie immigrate spostarsi per vedere uno spettacolo di danza organizzato da un'associazione del quartiere. Poi mi sono spostato fuori città, alla frontiera, ai bordi della strada statale, dove ci sono i quartieri costruiti con i prefabbricati, originariamente predisposti per soggiorni temporanei. Sono appena visibili. Sulla via del ritorno, noto una moschea da cui escono uomini in gandura bianca, uomini con barbe abbondanti. Mi fermo. Di fianco c'è la Residenza sociale temporanea "Guglielmo Marconi". Dietro un portone chiuso, due custodi italiani. Ci fanno entrare. Mi danno subito le informazioni di base: abbiamo 24 camere, 67 letti, 20 frigoriferi, cucina e bagni comuni; qui abitano solo uomini celibi, stanno in tre per camera; gli diamo alloggio per un periodo tra i 6 e 18 mesi, poi sono pregati di andare ad abitare altrove; la retta mensile e di 126 euro a persona. Come se avessero ricevuto un segnale, si avvicinano dei marocchini in piccoli gruppi, mi salutano e pensano subito che sono la persona giusta per raccogliere e trasmettere le loro lamentele. Non sono contenti. Non sono felici. “Siamo come una mosca nel vello della pecora: nessuno ci vede e non riusciremo a uscirne!” “E' una specie di prigione: siamo sorvegliati e non possiamo ricevere nessuno; siamo degli zoufris, (questa parola marocchina viene dalla parola francese "ouvrier", operaio, e significa allo stesso tempo "scapolo" e "teppista"). Io lavoro per gli italiani, do la mia salute per questo paese e mi trattano come un prigioniero; voglio far venire qui la mia famiglia; ho presentato la richiesta un anno fa e non ho ricevuto risposta; ml dicono che devo avere una casa decente; sì, troverò una Casa, ma in Italia della mia famiglia non ne vogliono sapere, bisogna avere pazienza” . “Qui ci può stare solo chi guadagna tra 16mila e 24mila euro. Io, sono un nove; voglio dire che guadagno novemila euro all' anno. Con che cosa lo pago un affitto in città? E’ impossibile. In ogni modo sono i padroni italiani a decidere della nostra vita; bisogna dire la verità, siamo nelle loro mani. Non siamo clandestini, ma sai che un padrone può fare di te un clandestino? Basta che ti licenzino e tu non hai più le carte in regola per il permesso di soggiorno, ecco la verità, bisogna dirglielo che non siamo contenti!” [...] Ritorno al centro storico. Ritorno al passato che si consente con la sua bellezza e la sua grande semplicità: Santo Stefano. Questa corte con un pozzo al centro è di una semplicità che intimidisce. Un posto tranquillo, distensivo. Un posto che ha duemila anni. Qui non c'è bisogno di parlare né di commentare. Basta guardare, riempirsi gli occhi di questa bellezza più vicina all'essere umano, all'anima di un popolo. Bologna il dolore. Bologna la sofferenza. Due opere sono qui per ricordare il dolore e la sofferenza del mondo. Un quadro di Guido Reni, Il massacro degli innocenti, dipinto ne11612, e una scultura, II compianto di Niccolò dell'Arca, a Santa Maria della Vita. In ogni epoca ci sono stati Innocenti massacrati. La storia dell'umanità è piena di questa ingiustizie, di questa barbarie che si ripete in ogni luogo e in ogni epoca. Il quadro di Guido Reni é particolarmente espressivo. Non c'è niente da aggiungere e soprattutto non delle frasi per spiegare e commentare l'inammissibile. Dirò solo che si tratta di un'opera universale, che ci riguarda tutti, chiunque siamo e ovunque ci troviamo. II compianto. Anche se risale al XV secolo, anche se ha come soggetto l'orrore suscitato dalla morte di Cristo, anche se riguarda un momento storico dell'umanità, è di nuovo un'opera che ci parla di oggi. In questo senso è moderna e contemporanea. II dolore di una donna, madre o non madre, le sue lacrime, le sue urla, con tutto il corpo contratto in quell'immensa ferita: quella sofferenza è la sofferenza di tutta la Terra. Il corpo si contorce, il viso è sfigurato dalla disperazione, la testa si china, è un'invocazione alla giustizia. Sono grida e lacrime che la morte scolpisce nel corpo, nelle anime. Questo gruppo scultoreo rappresenta il dolore del mondo, il dolore di tutte le madri del mondo in ogni tempo. Solo le lacrime non invecchiano. Solo la tristezza ha i tratti degli spasmi del cuo re, dell'incrinatura dell'anima. Quattro donne piangono. Una donna è muta. Un uomo in ginocchio, con il martello in mano e una tenaglia appesa alla cintura, guarda in lontananza. Il Cristo, la vittima, è lì. I lamenti della donne coprono l'eternità del suo silenzio, vestono la sua presenza per i secoli futuri. Quest'opera e di una modernità eccezionale; ha la bellezza ed il mistero dell'inesplicabile, è' come se assistessimo a un' opera lirica o a una tragedia recitata da personaggi muti.[...]. Lasciando la chiesa di Santa Maria della Vita ci si ritrova all'entrata della biblioteca pubblica Sala Borsa. Due lapidi commemorative ci guardano: una ci parla dei partigiani che hanno fatto la resistenza contro il fascismo e hanno dato la vita per liberare Bologna. L'altra ci ricorda un altro massacro degli innocenti, più recente: quello della stazione ferroviaria di Bologna, avvenuto il 2 agosto 1980 alle 10,25. Ottantacinque persone sono morte per l'esplosione di una bomba depositata al centro della stazione. La più vecchia delle vittime si chiamava Antonio Montanari e aveva 86 anni. La più giovane, Angela Fersu, aveva 3 anni. [...] La lettura degli 85 nomi somiglia a una preghiera perché una simile barbarie non si ripeta mai più. [..] La sera sono andato a passeggio sotto i portici. Ho avuto la sensazione di camminare in una città leggermente sopraelevata. I portici, che percorrono una quarantina di chilometri, hanno qualcosa di intimo. Inevitabilmente mi hanno ricordato le stradine della mia città natale, Fes, una città fondata nell'808 da gente venuta dall'Arabia,una città fondata intorno a una sorgente d'acqua, una città, come Bologna, cinta da mura e da porte che la notte venivano chiuse con chiavi gigantesche. Fes, città della cultura arabo-musulmana, città della convivenza ebraico musulmana, città dell'aristocrazia dei musulmani e degli ebrei che Isabella la Cattolica ha espulso dalla Spagna nel 1492,1a stessa Isabella il cui fanatismo ha voluto che la cristianità si insediasse in due città marocchine, Ceuta e Melilla, occupate da cinquecento anni. Fes, dove una donna venuta da Kerouan ha fondato la prima grande università musulmana. Come a Bologna, dove c'è questa immensa università in pieno centro storico. Fes e Bologna sono chiamate a confrontare la loro storia e soprattutto ad avviare un gemellaggio che non sarà artificiale bensì basato su punti comuni e su una presenza della storia che irrora il presente.[...]

Testo scritto per il film "Dove la bellezza non si annoia mai Un viaggio a Bologna",
prodotto da Movie Movie e realizzato daFrancesco Conversano e Nene Grigrzaffini
(traduzione di Elda Volterrani)