RYUHEI, 24 anni, giapponese di Tokio, vuole fare il calciatore e diventare bravo come Zico. Per cominciare, va a lezione di italiano.
A Bologna. Liam, 33 anni, inglese di nascita ma con casa nella Silicon Valley,
ha una fidanzata bolognese. E' arrivato sotto le Due Torri per imparare a comprendere
lei che ora, però, abita nelle immensità della California. Per
il momento si sta attrezzando con la grammatica; alla fine spera di riuscire
a capire anche "cosa diavolo hanno nella testa le donne italiane".
Sunny ("come il sole", specifica), 23 anni, metà cinese e metà
indonesiana, ha lasciato Los Angeles e la ditta in cui si occupava di marketing
per fare un esperienza in Italia. Da qualche settimana è a Bologna per
imparare a parlare in italiano perché "nella vostra cultura c'è
più libertà di espressione in pubblico rispetto alla mia".
Una cosa ha imparato subito bene: come si ordina una cioccolata in tazza. "Meravigliosa!
Spero di non tornare a casa larga così".
Forse non tutti s'immaginano che a Bologna passano ogni anno almeno millecinquecento
stranieri che scelgono la nostra città per conoscere, attraverso la lingua,
la cultura e il modo di vivere italian style.
Perché proprio Bologna? Perché è lontana dai circuiti tradizionali
troppo battuti e forse già troppo internazionali come Firenze e Roma
in primo luogo. "A Firenze? Mai: troppo turistica, troppi giapponesi",
se ne esce in un italiano ancora un po' incerto l'aspirante calciatore di Tokio.
"Noi non insegniamo la lingua ma la cultura italiana, proponendo a questi
ragazzi un'esperienza di integrazione socio-culturale nell' Italia di oggi".
A correggere il tiro è Massimo Maracci, direttore e fondatore del Centro
di Cultura italiana nato una ventina di anni fa. Se la lingua s'impara, infatti,
soprattutto immergendocisi dentro, oltre alle lezioni la scuola propone un bagno
completo nel made in Italy formato bolognese: ospitalità tra le famiglie
della città, serate in osteria o a ballare e gite tra le imprese e gli
artigiani, dalla libreria Zanichelli al liutaio del Pratello, dall'atelier di
Coscio allo stabilimento dell'intimo della Perla fuori San Vitale.
In programma, persino corsi di sfoglia e cucina petroniana. "Il problema
è con i giapponesi - spiega Monica Cuniberti, maestra tra i fornelli
- La loro cultura non gli permette di dire 'no' così io spiego le cose,
chiedo se hanno capito e tutti annuiscono, ma quando si va a mettere in pratica,
saltano fuori le cose più impensate". Anche se alla fine si riesce
sempre a mettere in piedi una cena pantagruelica e tutto finisce - come dire
- a tarallucci e vino.
Dopo i primi anni tra le verdi colline della Toscana, la scuola oggi ha sede
in via Castiglione ed oltre a privati cittadini del mondo insegna l'italiano
ai dirigenti stranieri trasferiti in Italia da aziende come la Volvo, la Ferrero
e la Hugo Boss. Ma chi sono coloro vengono per scelta e non per necessità
a lezione di italiano tra le morbide braccia di mamma-Bologna? L'età
media degli studenti è di 35 anni.
A dire il vero, la stragrande maggioranza ha attorno ai 25, ma la media è
rialzata da qualche frequentatore più in età che si regala una
vacanza-studio in Italia contro la noia dell'esser pensionato. Un buon 30 per
cento proviene dalla Germania, in virtù di quell'idea romantica che continua
a gravitare da quelle parti attorno al nostro paese.
Seconda comunità per dimensioni, quella giapponese. E qui le motivazioni
sono le più impensabili: la musica e lo sport. C'è infatti chi
viene a lezione di lingua e cultura italiana perché vuole fare la cantante
lirica e c'è chi ha il mito del calcio: i maschi vogliono diventare professionisti
del pallone, le femmine cercano di sposarne uno italiano, preferibilmente già
affermato.
Poi ci sono gli americani, tanti studenti universitari, che uniscono l'utile
al dilettevole, ovvero il corso di italiano ad un po' di turismo. L'ospite più
"esotico" tra gli ultimi arrivati è un ragazzo dalla Georgia,
ai confini con la Turchia. La sua intenzione sarebbe quella di iscriversi all'Università
di Bologna.
Di media gli studenti si fermano cinque o sei settimane, solo i giapponesi restano
almeno un anno. "Quanto a Bologna - spiega Maracci - la città non
sempre è conosciuta, spesso è sottostimata ma ciò che si
vende ancora bene è la sua cordialità".
LE PRESENZE
Taxis e Castell tra gli scolari vip
FU' PURTROPPO un evento luttuoso a far sì che i il Centro di Cultura
italiana non abbia annoverato tra i suoi studenti illustri anche Wolfgang Zeídler,
allora presidente della Corte costituzionale tedesca. Correva l'anno 1988 ed
era già arrivata la sua quota d'iscrizione, preceduta da un letterone
con tanto di carta intestata e Sigilli, quando il magistrato perse la vita in
un incidente di montagna in Tirolo. Tanti personaggi famosi o curiosi che si
sono seduti a prendere lezioni di italiano tra i banchi del Centro di Cultura
italiana a Palazzo Pepoli. Tra di loro ancoraci si ricorda della bellissima
e nobilissima nipote di Turn und Taxis l'inventore del taxi, l'australiana Natalie,
figlia di Faber-Castell il signore delle matite, poi Tommaso, figlio di Isotta;
sorella gemella di Isabella Rossellini, e persino una delle tante nipoti della
sterminata farriglia Kennedy, tale Ketty.
Sempre dagli Stati Uniti si iscrisse Maeve, aiuto regista di Vanessa Redgrove
ma grande curiosità suscitò qualche estate fa soprattutto l'arrivo
di Andy, responsabile delle relazionioni pubblici della serie televisiva "E.R.
Medici In prima linea", che continuava ad esibire le sue foto in compagnia
del bel George Clooney. Non si contano poi ì parlamentari e persino qualche
ministro della Repubblica tedesca.
["la Repubblica", 4 febbraio 2001]